Ad un italiano su quattro mancano le competenze digitali necessarie a lavorare. Lo rivela uno studio dell’OCSE
Siamo il paese con meno competenze digitali, e non solo, tra quelli rilevati dall’OCSE. L’ultimo rapporto OCSE conferma il nostro triste primato: solo un quarto degli italiani possiede le competenze digitali che sono oggi uno degli elementi abilitanti per entrerà e restare nel mondo del lavoro.solo un quarto degli italiani possiede le competenze digitali che sono oggi uno degli elementi abilitanti per entrerà e restare nel mondo del lavoro.
Il dato non è rassicurante, perché conferma una tendenza chiara che negli anni è rimasta immutata, nonostante gli sforzi e le riforme in materia di istruzione e formazione operati delle varie amministrazioni. La scuola resta lontana dal mondo del lavoro e fenomeni come il mismatch delle competenze o lo skillshortage, la mancanza di risorse umane per le figure più richieste dalle aziende, diventano ormai strutturali.
Nell’era digitale l’istruzione e la formazione delle persone viene considerata una leva strategica per lo sviluppo ed una delle priorità su cui investire risorse. Nel caso del nostro paese, l’Italia è un paese di manifattura e di piccole e piccolissime imprese, privo di risorse naturali e costretto a innovare per competere sui mercati globali.
Con un livello di competenze così basso l’Italia potrebbe fare molta fatica a restare la seconda potenza manifatturiera dell’Europa e la quinta nel pianeta.
Il tema delle competenze rispecchia quasi tutte le contraddizioni presenti nel nostro sistema economico e sociale alle prese con gli effetti delle trasformazioni del digitale e della accelerazione imposta dalla pandemia.
Le competenze per la competitività
Non basta studiare una sola volta nella vita perché i processi produttivi si modificano con grande rapidità e le competenze vanno aggiornate ed adeguate di conseguenza. Tra gli effetti collaterali di questa accelerazione il lavoro, che si trasforma, o che non c’è più.
Secondo uno studio molto citato la maggior parte dei mestieri che faranno i ragazzi che oggi frequentano le scuole elementari è a noi sconosciuto. Così come non sappiamo in che misura il lavoro delle macchine sostituirà quello delle persone. Sappiamo però che esistono macchine in grado di curare le persone, assisterle in un processo, dirigere una orchestra, selezionare un profilo idoneo ad un annuncio di lavoro. Per ora la parola d’ordine è “cooperare” con le macchine. Ma per farlo bisogna sapere come si fa e conoscere la lingua delle macchine.
Dal punto di vista del mondo delle aziende il tema è ugualmente complesso. La competitività passa attraverso le risorse umane e le loro competenze, quindi un basso livello di competenze in azienda, di qualsiasi natura essa sia, determina un ostacolo allo sviluppo e alla competitività. Il digitale oggi è la costante dei processi produttivi dei beni e dei servizi, dalla manifattura alla cura alla persona.
La “competenza” digitale, rilevata dall’OCSE, serve dunque alle persone per lavorare con le macchine, e serve alle aziende per far lavorare le macchine, o meglio per gestire l’innovazione che è sempre meno tecnologica in senso stretto e sempre più presente nei vari settori.
Le competenze che servono sia alle aziende, imprese sociali e cooperative comprese, sia alle persone non sono solo quelle digitali, ma in generale tutte le competenze che generano sviluppo, a partire da quelle manageriali, considerate in tutti programmi UE per l’empowerment delle risorse umane un fattore decisivo nel generare sviluppo e innovazione.
La domanda quindi sul come il Sistema Paese possa ripartire, ed invertire un declino sempre più evidente, passa sicuramente da un piano per l’educazione e la formazione di ampio respiro e di pensiero lungo, cioè orientato al futuro e alla innovazione.
Nell’Agenda 2030 dell’ONU, il tema della scuola, dell’istruzione e della formazione è una delle priorità per per creare modelli di sviluppo sostenibili.
Gli effetti collaterali del COVID-19 hanno mostrati con chiarezza questa necessità
In questo senso la pandemia può essere una opportunità preziosa.