LA GUERRA CHE SGUSCIA TRA LE MANI
Dopo mezzo secolo a discutere dell’eterna crisi politica italiana, da un po’ di tempo il mondo esterno ha fatto irruzione nelle nostre vite. La cosiddetta politica estera riempie le prime pagine dei giornali e la fa da padrona nell’apertura dei notiziari radio televisivi. Tutto questo spiazza la capacità di giudizio di un popolo come il nostro, allevato a trascorrere la vita guardandosi l’ombelico, perché che non sono affari nostri, coscienti che nessuna rivoluzione vale il campionato di calcio. Invece scopriamo che New York, Parigi, Bruxelles, Nizza, Madrid, Londra, Tunisi, Sirte, Tripoli, Ankara, Istanbul, Damasco, Kabul, il Kurdistan, l’ISIS, ecc. ci toccano. Lo facevano prima e lo fanno adesso. Mentre a livello sociale cresce il clima di sospetto del vicino, a livello politico discutiamo solo di maggior rigore: ci mancherebbe, ma sappiamo che non risolve. Forse occorre anche un po’ di coraggio, ma noto che nessun Leader di questo Occidente che pretende di essere il faro dell’umanità, è andato a Kobane a dire una cosa simile a “sono anch’io di Kobane”, come fece qualcun altro a Berlino tanti anni fa: lì si aprì un’epoca nuova e fu chiaro dove stava la luce e dove il buio, al di là di ogni ideologia e tatticismo. Non mi dimentico certamente che siamo tutti parigini, ma su facebook.
E la cooperazione, che c’entra? C’entra eccome. Basta pensare che la cooperazione come principio guida tra i Paesi del Mediterraneo avrebbe potuto disinnescare una buona parte delle tensioni cui assistiamo oggi. La cooperazione tra imprese, o ancor meglio tra cooperatori, avrebbe potuto irrorare il deserto di opportunità che è spesso offerto alle generazioni della sponda sud del mare nostrum. L’idea cooperativa avrebbe potuto diffondere un prospettiva diversa da quella rassegnata al nulla del terrorista o del fiancheggiatore che del terrorista ne fa un eroe. La cultura del fare insieme avrebbe potuto diffondere un’idea di solidarietà e di rispetto tra gli uomini, da vivere tutti i giorni e da affiancare a quella intimista tra l’uomo e il suo Dio. La mutualità nei legami fattivi tra gli uomini, economici, morali, politici, di lavoro, creaopportunità. Il confronto crea processi democratici.
E’ l’isolamento che crea ignoranza, è l’ignoranza che genera paura e odio, è dall’odio che nasce il conflitto, è quest’ultimo che produce miseria materiale e morale.
Eppure non è mai tardi per sporcarci le mani e metterci al lavoroper tessere relazioni costruttive con un mondo che non chiederebbe altro. Non sono tutti terroristi o tutti fanatici. Sono tanti di più quelli che affidano la vita ad un barcone scassato. Riprendere il filo oggi è più difficile, certo, ma cominciare è meglio che stare a guardare. La cooperazione può dare un contributo enorme nell’animo e nella mente di tanti anche per distoglieredalla prospettiva distruttiva e passare a quella costruttiva.
Slogan, mi si dirà. Forse. Di certo più il tempo passa, e più queste parole sono sempre più slogan, non fosse altro perché sempre più avulse da una realtà che corre velocemente in un’altra direzione. Eppure a questa violenza il cosiddetto mondo libero dovrà dare risposte che vadano un po’ oltre al risentito fastidio,alla ferma condanna, alla solidarietà alle vittime e al rigore nei controlli.
Massimo Mota
Presidente AGCI Emilia Romagna